Attenzione a quando litigate col capo...

Attenzione a quando litigate con il vostro capo: anche se questi è un emerito ignorante e a voi vi scappa di dire “lei non capisce un c…” state commettendo un reato.

Si tratta della sentenza della Cassazione, che si è trovata a giudicare quella del giudice di pace di Frosinone.

Il caso, che farà giurisprudenza, è nato proprio in Ciociaria e si riferisce ad un dipendente (F.P.) che avrebbe pronunciato questa frase al suo datore di lavoro (M.S.).

Secondo il giudice di Frosinone, il fatto contestato non costituiva reato in quanto l’espressione usata dal lavoratore è ormai “entrata nel gergo comune”, ed è stata pronunciata nel corso di una discussione con lo scopo di “comunicare in modo efficace il proprio dissenso” nei confronti del datore di lavoro.

A presentare ricorso in Cassazione era stato il procuratore capo di Frosinone, sottolineando che la frase ‘incriminata’, “proprio in quanto collocata nell’ambito di quella discussione”, assumeva “significato ingiurioso” quale “volgare affermazione di incompetenza” del datore di lavoro.

La quinta sezione penale della Suprema Corte, con la sentenza n.234, ha accolto il ricorso, ricordando che “al di là della questione sull’attuale appartenenza o meno al parlare comune del termine volgare riportato nell’espressione contestata, è invero l’espressione stessa, letta complessivamente e nel contesto in cui veniva pronunciata, ad assumere carattere ingiurioso laddove vi veniva rimarcata con particolare asprezza di tono, e nel corso di una discussione di lavoro, l’incompetenza della persona offesa nella materia oggetto di discussione”. Sulla base di queste osservazioni, il giudice di pace dovrà riesaminare il caso.

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