Mafia ed estorsione, venti arresti tra Lazio e Campania

Un giro di mafia, estorsione ed armi gravitante intorno al biseness delle auto di lusso è stato scoperto alle porte di Roma dai carabinieri di Aversa. Risultano venti le persone coinvolte e ritenute appartenenti alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi. Per tutti è scattata l'accusa di estorsione. Le vittime sono  imprenditori ed esercenti dell'agro aversano. Gli arresti (vedi foto in basso) tuttavia sono stati eseguiti tra la Campania e il Lazio. Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, è stata scoperta anche un' attività di riciclaggio del 'pizzo'. Queste persone in pratica avevano messo su un  giro di auto rubate che,  secondo le accuse, ha coinvolto imprenditori romani. In pratica le auto venivano rubate, modificate nel telaio e nella documentazione e, successivamente, rimesse in circolazione sui circuiti nazionali ed esteri. Gli ignari acquirenti pensavano di acquistare auto ad un costo ribassato rispetto al mercato italiano perchè provenienti dalla Germania. I venti arrestati sono accusati anche di associazione mafiosa, possesso di armi e di riciclaggio di auto di grossa cilindrata. Continua in basso...

Quello strano modo di chiedere il "pizzo"

...Continua. Il pizzo. Le indagini sono partite nel 2009 grazie alle segnalazioni precise dei collaboratori di giustizia. Da lì attraverso fondamentali intercettazioni telefoniche, pedinamenti ed altri strumenti di indagine, i carabinieri hanno scoperto un giro estorsivo che vedeva come vittime i commercianti di Aversa. Gli affiliati al clan dei casalesi entravano negli esercizi commerciali rigorosamente a Natale, Pasqua e Ferragosto. In quelle occasioni di chiedevano il pizzo utilizzando un fraseggio che mascherava l'estorsione: "Donate i soldi per le famiglie dei carcerati" oppure "siamo venuti per la messa a posto ci mandano gli amici di casale." Emblematico il caso della ricorrenza pasquale. Gli aguzzini si presentavano in negozio con un classico uovo di Pasqua e lo "vendevano" all'esercente che consegnava una congrua somma non corrispondente al valore del prodotto. Quell'uovo di Pasqua veniva messo in palio nell'ambito di una lotteria dove chi acquistava il biglietto non sapeva di contribuire a pagare la tangente. Un sistema collaudato e avallato dal muro di omertà del territorio.

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