25 anni fa moriva Giuseppe Saragat. Il ricordo di Gian Franco Schietroma

Giuseppe Saragat
Giuseppe Saragat

L'11 giugno 1988 veniva a mancare uno dei grandi padri della Repubblica, Giuseppe Saragat. A 25 anni dalla scomparsa dello statista, ritengo opportuno ricordarlo, anche perché, a fronte degli ormai frequenti esempi di cattiva politica, c'è bisogno di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e, soprattutto, dei giovani verso personaggi che si sono contraddistinti per integrità morale e per straordinario spessore.

Saragat fu coerentemente socialista democratico e da questa impostazione ideologica, maggioritaria nella sinistra europea del secondo dopoguerra, ma, purtroppo, non in Italia, combatté una lotta aspra e senza concessioni al Partito Comunista Italiano ed al comunismo sovietico. Ciò non impedì al PCI, nel 1964, di votarlo e di eleggerlo, insieme con la stragrande maggioranza del Parlamento, alla Presidenza della Repubblica, dove si distinse per equilibrio, correttezza e rettitudine. Saragat era stato, nell'immediato dopoguerra, Presidente di quell'Assemblea Costituente che diede vita ad una Carta, i cui principi e valori sono tuttora un insostituibile punto di riferimento per noi tutti. La democrazia italiana deve moltissimo a Giuseppe Saragat. Dopo aver partecipato, per tutto il ventennio, alla lotta contro la dittatura fascista e, successivamente, alla Resistenza all'occupazione hitleriana dell'Italia, Saragat fu tra coloro che diedero un contributo decisivo all'avvento della Repubblica. Inoltre egli, unico nella sinistra italiana di quel tempo, vide lucidamente il pericolo che il totalitarismo staliniano costituiva per le libertà democratiche appena riconquistate. Fu uomo di straordinaria cultura, grande conoscitore di libri rari ed eccezionali, capace di leggere in lingua originale Goethe e Marx, esemplare per senso delle istituzioni ed onestà. La forte coerenza politica gli consentì di avere il coraggio dell'impopolarità. Ebbe intuizioni al limite della profezia, con una visione della politica che, con la difesa della libertà e della democrazia, doveva realizzare le condizioni materiali della giustizia sociale. Il lavoro era al cardine del suo pensiero politico e, così pure, il celebre trinomio “case, scuole, ospedali”. 

Gian Franco Schietroma
Gian Franco Schietroma

Tra i miei ricordi di adolescente campeggia un magistrale discorso di Giuseppe Saragat al Cinema Teatro Nestor di Frosinone, nel 1963, di cui rammento il puntiglioso riferimento alle riforme sociali operate dalle socialdemocrazie scandinave, che, a distanza di tanti anni, sono ben lungi dall'essere adottate nel nostro Paese. Anche in ragione di ciò, ritengo che occorre guardare al socialismo europeo per cambiare l'Italia e per realizzare quella giustizia sociale che è essenziale per un vivere civile ed umano. Occorre, altresì, che la politica riacquisti credibilità. Al riguardo può far riflettere una frase che Saragat mi disse qualche tempo prima di morire: “Caro Gian Franco, tu sei giovane, ricorda sempre che per un giovane la cosa più importante è avere degli ideali. Noi, della nostra generazione, li abbiamo avuti”. Basta questa semplice frase per rendere bene l'idea sulla distanza abissale che purtroppo esiste tra una parte considerevole della politica di oggi e Giuseppe Saragat. Ma è un divario che, soprattutto con l'aiuto dei giovani, dobbiamo tentare di colmare, se vogliamo sperare in un mondo migliore.

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