Fiume sacco assassino: beta hch, pubblicati i risultati dell'indagine epidemiologica 2013

Accertati contaminazione e danno biologico: Chiamata in causa la comunità scientifica. Presto altre indagini a campione con esami specifici

Retuvasa: "Che i comuni facciano chiarezza e dicano la verità"

 

Valle del Sacco.Beta-HCH, pubblicato il rapporto 2010-2013 DEP Lazio sulla sorveglianza sanitaria ed epidemiologica della popolazione residente nella Valle del Sacco. La contaminazione nel campione di persone prese ad esame e residenti ad un km dal fiume è stata accertata. Le ripercussioni biologiche anche. Adesso questi importanti risultati saranno posti all’attenzione della comunità scientifica per determinare  la relazione causa-effetto. In pratica, dopo l’indagine effettuata, qualcuno ancora al di sopra, deve stabilire il nesso tra la contaminazione da Beta-hch ed i decessi per tumore o le patologie ricorrenti nella popolazione ricadente lungo la Valle del Sacco.La presenza di inceneritori e gli incedenti correlati, come l'ultimo in località Castellaccio, incidono enormemente. In 73 pagine di rapporto sono stati illustrati i dati, il metodo di azioni, gli esami cui sono stati sottoposti i campioni di persone. In pratica, in quelle 73 pagine si legge chiaramente tra le righe che da Valmontone fino a Ceccano ed oltre nel raggio di azione di un km dal fiume le persone sono state esposte ad un grave pericolo: Un veleno silenzioso e distruttivo che si è insinuato nelle molecole del corpo attraverso cibi, bevande e la semplice  e necessaria acqua servita dai pozzi.

“É opportuno fare il punto della situazione sulla contaminazione da Betaesaclorocicloesano (ß-HCH) alla luce della recente pubblicazione da parte del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione Lazio (DEP) del rapporto- scrivono i vertici di Retuvasa- a partire dall’esito del la prima indagine pubblicata in Ottobre 2008 effettuata su 246 campioni di siero individuali per il ß-HCH e campioni compositi per i PCDD-PCDF e DL-PCB, famiglie di diossine. Il risultato recitava: «L’analisi statistica dei dati per area ha messo in evidenza valori di β-HCH più elevati per coloro che risiedono in prossimità (entro un km) del fiume Sacco, con valori più che doppi rispetto alle altre aree»; «[…per le diossine] si è osservato nelle aree di Colleferro (sia entro un km dagli impianti sia nel resto del comune ad 1 km dal fiume) un livello superiore a quanto riscontrato nelle altre zone a quanto osservato in studi di letteratura». 

 

Nel 2009 la Regione Lazio, assecondando le richieste del DEP Lazio, avvia il programma di monitoraggio biennale del ß-HCH sui residenti ad 1 Km dal fiume Sacco, con uno sportello informativo presso le USL RMG di Colleferro e la USL di Frosinone e un ambulatorio centralizzato presso la USL RMG. Per questa nuova indagine, il campione contattato, entro 1 km dal fiume, è stato di 710 soggetti, di cui 643 hanno aderito. Di questi ultimi, 141 sono stati in seguito esclusi per problemi strumentali relativi al laboratorio analisi (Fondazione Maugeri di Pavia), per cui per il prosieguo della sorveglianza i campioni verranno inviati ad un laboratorio di Helsinki.  L’analisi è stata condotta su un campione di 502 soggetti.  «In conclusione, in questa indagine, sono stati messi in evidenza livelli significativi di β–HCH in una popolazione nota per essere stata esposta a tale inquinante, prevalentemente attraverso alimenti e bevande. I dati emersi dalla sorveglianza sanitaria della popolazione presa in considerazione hanno permesso di mettere in luce alcuni effetti biologici […]. In particolare sono state osservate perturbazioni del pattern lipidico, della funzionalità renale e della steroidogenesi, interessando anche gli ormoni sessuali nel sesso femminile. É stata osservata infine una chiara associazione con alterazioni cognitive”.

La possibilità che alla esposizione a β–HCH segua un danno biologico di diversi organi ed apparati è suffragata dai risultati di questo studio, anche se le conclusioni generali sono necessariamente caute nell’indicare l’esistenza di un nesso di causa ed effetto. La metodologia dello studio e i suoi risultati meriteranno sicuramente una valutazione attenta della comunità scientifica nei prossimi mesi e la materia si gioverà di un attento follow-up ambientale e clinico della popolazione già coinvolta e di altre popolazioni del comprensorio che hanno subito una esposizione alla sostanza tossica».

 «Nel mese di marzo 2013 è iniziato infatti il primo follow-up della coorte dei residenti lungo il fiume che prevede la ripetizione di tutti gli esami di laboratorio già eseguiti e una batteria di esami strumentali per la diagnosi di patologie cardiovascolari (visita cardiologica, elettrocardiogramma, misurazione della pressione arteriosa, eco-doppler delle arterie carotidee»), il tutto attraverso la stipula di una convenzione con il CNR di Pisa.

 Le conclusioni del rapporto confermano quindi che le sostanze prodotte dall’interramento dei fusti tossici nel comprensorio industriale di Colleferro hanno determinato una “acquisizione biologica del β-HCH”, in quanto il campione esaminato è abbastanza significativo.

É opportuno che alla sorveglianza sanitaria venga dato seguito, secondo le indicazioni del DEP, e che in relazione allo studio ERAS vengano implementate analisi aggiuntive su diossine, IPA e PCB, al fine di verificare l’impatto sanitario per la presenza di impianti di incenerimento rifiuti e discariche senza dimenticare le possibili ricadute del recente incendio all’impianto di preselezione di CDR in località Castellaccio a Paliano (Fr).


Riteniamo – afferma Retuvasa- che la pubblicazione del rapporto rappresenti un ulteriore segnale di trasparenza sull’operato epidemiologico nella Valle del Sacco e soprattutto di rispetto verso una popolazione che necessita di avere serie risposte sul proprio stato di salute. Attendiamo fiduciosi che le amministrazioni facciano il loro dovere e attraverso lo strumento del Consiglio Comunale aperto, comunichino alla cittadinanza i risultati del rapporto.

 

 

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