Frode allo stato da parte di un noto quotidiano locale

Pubblicità nascosta e vendite fasulle, sono questi i trucchi cui aveva fatto ricorso una Cooperativa editoriale di Frosinone, per apportare al proprio bilancio il lifting necessario ad ottenere contributi per l’editoria. Contributi che altrimenti non sarebbero spettati e che hanno generato una frode allo Stato di quasi 5 milioni di euro.

Le indagini sono state eseguite dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Frosinone, coordinato dalla Procura della Repubblica del capoluogo ciociaro.

Evidenziate anomalie nel bilancio della cooperativa ciociara, in relazione alla diffusione di un noto quotidiano locale, che ha bacino d’utenza nelle Province di Frosinone e Latina.

In pratica il quotidiano, per ricevere i finanziamenti statali non avrebbe potuto vendere pubblicità oltre gli introiti della vendita del giornale stesso.

Per ovviare a questo limite si chiedeva a chi comprava pubblicità di acquistare anche un tot numero di copie del giornale per fare in modo che la “tiratura” del quotidiano potesse raggiungere e superare la soglia prevista dalla legge.

Tra l’altro la normativa, in materia, prevede che i contributi per l’editoria vengano elargiti a favore di strutture associative, senza scopo di lucro, orientate a privilegiare le prestazioni offerte dagli stessi soci e nell’intento di avvantaggiare il lavoro proveniente da società di piccole dimensioni.

Per tale ragione la legge subordina la concessione dei contributi alla sussistenza di alcuni presupposti, tra i quali una soglia minima di diffusione (o “tiratura”) del quotidiano ed un limite massimo di entrate pubblicitarie.

Le indagini hanno quindi appurato che negli anni 2008 e 2009, la cooperativa ha comunicato al competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri dati preventivamente falsificati, allo scopo di avere accesso ai contributi all’editoria, che sono stati indebitamente percepiti per ammontare pari a circa 5 milioni di euro.

I 4 responsabili del reato di truffa ai danni dello Stato sono stati così deferiti alla locale Procura della Repubblica che ha proposto il sequestro preventivo di beni in valore equivalente al profitto del reato.

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Commenti: 6
  • #1

    Roberto (giovedì, 11 luglio 2013 12:40)

    E' per questioni investigative, di leggi sulla privacy, giudiziarie o di deontologia giornalistica che non si pubblica il nome di questa cooperativa di galantuomini ?
    In altri casi, si diffondono nomi e cognomi alla prima notizia di reato...

  • #2

    Cioc (giovedì, 11 luglio 2013 18:58)

    Basta cercare su google, è "la provincia"!!!!

  • #3

    Grazia (giovedì, 11 luglio 2013 19:25)

    Ha ragione Roberto un povero Cristo viene messo in prima pagina con foto nome cognome data di nascita ecc.ecc.Ma come funziona la privacy ? Ci sono dei privilegiati ?

  • #4

    giulio angelini (giovedì, 11 luglio 2013 21:01)

    complimenti!!!!

  • #5

    piero (sabato, 13 luglio 2013 09:57)

    tra giornalisti ci si copre a vicenda?a Frosinone dice "tra cocchieri non si tirano frustate" ed è male molto male che poi l'Editoria tutta prende soldi dalle nostre tasse

  • #6

    Frosinone Web (sabato, 13 luglio 2013 13:01)

    Caro Piero il discorso è un po’ più complicato e non può essere ridotto ad una frase fatta o ad un modo di dire.
    Che l’editoria ed in particolare la carta stampata stia passando un periodo di crisi lo si sapeva da tempo: la crisi di “Ciociaria Oggi” con il sequestro del giornale, la chiusura delle sedi periferiche, gli stipendi arretrati dovuti ai giornalisti; La chiusura della sede locale del quotidiano “Il tempo” e le difficoltà economiche de “La provincia” erano note. Alla questione abbiamo dedicato un articolo già diversi mesi fa.
    Parliamo dei finanziamenti all’editoria. Le sembra giusto che un parlamentare, solo perché parlamentare, possa mettere su un’iniziativa editoriale e ricevere finanziamenti, mentre chi fa questo di mestiere, ed offre un servizio ai cittadini, non ne possa godere? O magari per avere finanziamenti deve rispondere a tutta una serie di requisiti che al parlamentare non vengono richiesti?
    Chiariamo che chi le parla non ha ricevuto un euro di soldi pubblici.
    Per quanto riguarda il pubblicare o meno il nome degli indagati non l’abbiamo mai fatto: non stiamo difendendo proprio nessuno. Anzi, se ci pensa, dalla chiusura di un competitor in teoria noi dovremmo avvantaggiarci. Ma riteniamo che la concorrenza, soprattutto nell’editoria, è “cosa buona e giusta”. Giusta per il lettore: la pluralità dell’informazione è l’ossigeno della democrazia. Se il quotidiano in questione dovesse chiudere, il giorno dopo tutti noi saremmo più poveri. Noi ci auguriamo che ciò non accada. Sulla vicenda giudiziaria non entriamo nel merito, la giustizia faccia pure il suo corso. Pensiamo però che la questione sia di natura politica ed in quella sede vada affrontata e risolta.