Incendio impianto CDR Castellaccio. Retuvasa:"Una prova generale di inefficienza"

"Un impianto superfluo che va eliminato"

Colleferro. L’incendio sprigionatosi all’alba di mercoledi 19 giugno presso  l'ex capannone della Enercombustili del gruppo Acea Ambiente, ex Snia, in località Castellaccio al km 57.200 della casilina tra Anagni e Colleferro ha lasciato degli strascichi non indifferenti. Da una parte l’esito negativo dei dati emessi da Arpa Lazio in merito ai rilevamenti post incendio dovrebbero rassicurare ma dall’altra quell’evento, sia per la portata che ha avuto, sia per come glli organi competenti si sono mossi,  "pone  inquietanti interrogativi” suggerisce in una nota Retuvasa che conclude sostenendo quanto sia indispensabile eliminare l'impianto CDr di Castellaccio dal piano rifiuti regionale. I responsabili dell’associazione ambientalista insinuano dei dubbi “sulle procedure di emergenza in caso di incidenti.” Seguendo la riflessione di retuvasa “Nella Valle del Sacco sono presenti decine di impianti soggetti alla “Direttiva Seveso” (in ultimo precisata dal D. Lgs. 238/2005), di cui sette nel solo territorio di Anagni. L’incendio potrebbe considerarsi una prova generale di inefficienza. Questo perché, dopo il tempestivo intervento dei Carabinieri e dei Vigili del Fuoco, la situazione era confusa. I Comuni hanno emesso ordinanze cautelative per la salute della popolazione a distanza di ore dall’accaduto. La protezione civile regionale non si è vista. Ci risulta – aggiungono -  che il gruppo di intervento NBCR dei Vigili del Fuoco, in possesso di rilevatori di ultimissima generazione , sono arrivati sul posto solo nel primo pomeriggio, a incendio pressoché spento e su chiamata già risultata tardiva. I potenti mezzi del corpo specializzato dei vigili del fuoco avrebbero potuto produrre un’istantanea della nube sprigionatasi. Per quanto riguarda le conseguenze ambientali dell’incendio sinora verificate da Arpa Lazio, in attesa dei dati dei campionatori per valutare le ricadute sui terreni, si evince che le emissioni, pur alterando profondamente in area vasta la qualità dell’aria della giornata in corso, non siano particolarmente preoccupanti: risultano assai inferiori a quelle riscontrate nelle condizioni meteoclimatiche dei periodi dell’anno in cui l’aria ristagna, si producono fenomeni di inversione termica e la Valle del Sacco diventa una camera a gas. Non comprendiamo, però, perché il dato sulle diossine e PCB rilevate a San Bartolomeo sia stato pubblicato solo in relazione alle medie di campionamento in un arco di nove giorni, non consentendo la valutazione precisa del giorno dell’incendio. Alla luce di tutto perché la Valle del Sacco deve essere gravata da un numero spropositato di impianti relativi al ciclo dei rifiuti. In particolare, chiediamo che il superfluo impianto di CDR di Castellaccio, considerata l’autosufficienza del ciclo provinciale dei rifiuti del Frusinate peraltro incentrata sull’incenerimento e sull’utilizzo di discariche, dopo oltre un decennio di turbamento dell’esistenza della popolosa contrada di San Bartolomeo, e dopo questa ulteriore prova di inefficienza, sia definitivamente eliminato dalle future pianificazioni regionali del ciclo dei rifiuti.

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