Arpino. L’ora di Cicerone

Sono arrivati da 12 diverse nazioni e da tutta Italia per confrontarsi con il grande oratore.

 

Parliamo di 180 tra studenti e docenti (accompagnatori) che partecipano alla 36ª edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas, la gara di traduzione e commento di un passo di Cicerone riservata agli studenti dell'ultimo anno dei Licei Classici di tutta Europa.

 

Ieri hanno invaso la città di Arpino. Hanno dormito negli alberghi di Sora, Isola Liri. Oggi si sono cimentati con la traduzione.

Un brano preso da “De Divinazione”. Ora si dovrà aspettare la giornata di domenica per dar modo alla giuria di correggere i compiti. Quindi la  premiazione in piazza.

 

Una sfida che è iniziata il 1980 e che si rinnova ogni anno. Un modo per “diffondere i valori della cultura classica e degli  insegnamenti del grande oratore arpinate Marco Tullio Cicerone, anche attraverso lo studio di una lingua che è ancora operante nel rivelare le radici linguistiche e culturali di ampia parte della civiltà europea ed occidentale”.

 

Ma è un modo anche per rendere omaggio ad un grande Arpinate. La sua statua, è li al centro della piazza principale di Arpino, ad indicare, anche ai posteri che la via dello sviluppo e del progresso passa attraverso la  conoscenza. È lo stesso Cicerone "razionalista" che spiega tutti i fenomeni della natura con la forza della ragione, senza lasciarsi condizionare da ogni sorta di credulità e superstizione.

La Versione e la "Giusta" Traduzione

An vero illa nos terrent, si quando aliqua portentosa aut ex pecude aut ex homine nata dicuntur? Quorum omnium, ne sim longior, una ratio est. Quicquid enim oritur qualecumque est, causam habeat a natura necesse est, ut, etiamsi praeter consuetudinem exstiterit praeter naturam tamen non possit exsistere. Causam igitur investigato in re nova atque admirabili, si poteris; si nullam reperies, illud tamen exploratum habeto, nihil fieri potuisse sine causa, eumque terrorem, quem tibi rei novitas adtulerit, naturae ratione depellito. Ita te nec terrae fremitus nec caeli discessus nec lapideus aut sanguineus imber nec traiectio stellae nec faces visae terrebunt.

 

Quarum rerum omnium causas si a Chrysippo quadra, ipse ille divinationis auctor numquam illa dicet facta fortuito naturalemque

rationem omnium reddet. Nihil enim fieri sine causa potest nec quicquam fit, quod fieri non potest, nec, si id factum est quod potuit fieri, portentum debet videri; nulla igitur portenta sunt. Nam si, quod raro fit, id portentum putandum est, sapientem esse portentum est: saepius enim mulam peperisse arbitror quam sapientem fuisse. Illa igitur ratio concluditur: nec id, quod non potuerit fieri, factum umquam esse; nec, quod potuerit, id portentum esse; ita omnino nullum esse portentum.

Quod etiam coniector quidam et interpres portentorum non inscite respondisse dicitur ei, qui quondam ad eum rettulisset quasi ostentum, quod anguis domi vectem circumiectus fuisset. "Tum esset" inquit "ostentum si anguem vectis circumplicavisset". Hoc ille responso satis aperte declaravit nihil habendum esse, quod fieri posset ostentum.

O invero, se capita che si racconti che delle creature mostruose sono nate da una bestia o da un essere umano, cose del genere ci atterriscono? Ma di tutti questi fenomeni, per non dilungarmi troppo, una sola è la spiegazione razionale. Infatti qualunque cosa viene alla luce, quale che essa sia, è necessario che risalga ad una causa naturale, cosicché, quand’anche si sia manifestata al di fuori della normalità, tuttavia non possa esistere al di fuori della natura. Dunque, di fronte ad un fenomeno nuovo e stupefacente, investigane la causa, se potrai; se non ne troverai nessuna, ritieni tuttavia per assodato che nulla può essersi determinato senza una causa, e quel terrore che ti avrà indotto la novità della cosa scaccialo via per mezzo della ragione naturale. In questo modo né il brontolio sotterraneo né lo squarciarsi del cielo, né la pioggia di pietre o di sangue, né il passaggio di una cometa né l’apparire di fuochi celesti ti atterriranno.

 

E se chiederò le cause di tutte queste cose a Crisippo, anche quel  celebre sostenitore della divinazione non dirà mai che esse si sono realizzate a caso, e offrirà di tutte una ragione naturale. Nulla, infatti, può avvenire senza una causa; né avviene cosa alcuna che non possa avvenire; né se si è verificato un fenomeno che ha potuto verificarsi questo deve essere ritenuto un prodigio; dunque, i prodigi non esistono. Chè se si deve ritenere un prodigio ciò che si realizza raramente, è un prodigio che esista un uomo saggio: ritengo infatti che più spesso una mula abbia partorito di quanto sia esistito un uomo saggio. E dunque quel ragionamento quadra: né ciò che non ha potuto essere è mai stato; né ciò che ha potuto essere è un prodigio; pertanto non esiste alcun prodigio. E proprio questo, infatti, si dice che abbia risposto, non senza arguzia, un certo indovino e interprete di prodigi ad uno che una volta gli aveva riferito, come se si trattasse di un portento, che un serpente a casa si era arrotolato attorno ad una stanga. "Allora sarebbe stato un portento – disse - se la stanga si fosse arrotolata attorno al serpente!" Con tale risposta egli dichiarò in maniera sufficientemente chiara che nulla che possa realizzarsi dev’essere ritenuto un portento.


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Commenti: 1
  • #1

    SSBP (martedì, 16 ottobre 2018 17:29)

    Sono in terza superiore liceo scientifico e la ho dovuta fare come compito per casa. Grazie per avermi permesso di controllare che fosse giusta la mia traduzione