Il Medico dei Dannati

“A 26 anni mi ritrovai in Uganda. Era in corso una sanguinosissima guerra civile… fui assegnato ad un ospedale a 700 km dalla capitale.

 

Con scarsissimi mezzi, nel cuore di una zona rurale povera e sperduta nella savana. In questa area remota ho imparato a gestire situazioni difficili con scarsità di mezzi”.

 

A parlare è Bruno Turchetta, originario di Pontecorvo, ma da tempo trapiantato a Milano dove ha lavorato alla “Mangiagalli” centro ospedaliero Ostetrico/ginecologico di riferimento nazionale come medico anestesista-rianimatore. Ma, residente a Milano non è esatto perché in realtà il suo posto è stato ed è ovunque ci sono guerre e conflitti. Come ufficiale medico nella riserva del Corpo Militare della Croce Rosa, ha preso parte a svariate missioni in Africa, Balcani, Medio Oriente. Pure da volontario con Organismi non Governativi ha partecipato a missioni in Centroamerica, e persino in Cina. Da qualche anno è in pensione, ma non per questo ha cessato di svolgere la sua attività sempre nei luoghi più a rischio del pianeta. Lo abbiamo incontrato in uno di quei rari momenti in cui torna nella sua città d’origine.

Potevi avere incarichi prestigiosi in Italia e invece hai preferito luoghi estremi dove la guerra è di casa tutti giorni, perché?

 

Da giovane, appena laureato, dovendo svolgere il servizio militare optai per il servizio civile/alternativo che all’epoca durava il doppio rispetto al servizio normale di leva e così a 26 anni mi ritrovai, giovane medico, in un ospedale missionario in Uganda nel Maggio 1980. Assieme ad altri 4 medici, con non poche difficoltà e tanto paziente lavoro, abbiamo curato centinaia di vittime civili che altrimenti sarebbero state abbandonate a loro stesse. Due anni di duro lavoro, ricompensato però da un amore profondo per quella terra. Quest’esperienza mi ha lasciato un segno indelebile. Nel 90 mi arruolai su base volontaria nel corpo Militare della CRI, ausiliario delle forze armate, rendendomi disponibile per "missioni fuori area". La Croce Rossa Corpo Militare aveva il precetto militare con richiamo alle armi e la conservazione del posto di lavoro per periodo di 45 gg. Onere a carico del Ministero della Difesa.

In quali altre zone “pericolose” hai operato?

 

Quando sono tornato in Italia ho avuto la fortuna di lavorare nell’ospedale civile di Magenta(MI), super moderno con una ottima reputazione nell’area lombarda. Da qui, dal 1987 e per tre anni assieme a un team specialistico ho partecipato a un progetto di cooperazione sanitaria promosso dal Ministero degli Affari Esteri nell’ambito dei progetti bilaterali di cooperazione allo sviluppo.

 

A Sanaa capitale dello Yemen del Nord. Tra i due Paesi non c’erano relazioni diplomatiche, lo Yemen del Sud con capitale Aden, in quegli anni era sotto l’influenza dell’URSS. Dopo qualche anno relativamente tranquillo, nel 1991 nuova missione con il Ministero degli Esteri nel nord dell’Iran a Kermansha’ (Ghilan el Garb) una zona desertica al confine del Nord Iraq, L’Iran aveva accettato di accogliere i curdi in fuga da Saddam Hussein che all’insaputa del mondo li ammazzava col gas.

 

È stata una situazione difficile e per le condizioni ambientali, e per la varietà di problematiche sanitarie acute e croniche che il piccolo ospedale attendato si trovava a gestire. Crollato il sistema sanitario con Il conflitto non esisteva alcuna struttura in grado di fare diagnosi e cura. In aggiunta una moltitudine di profughi curdi rifugiava in Iran in fuga da Saddam. Noi “infedeli”, a nostra volta dovevamo fare i conti con i “Guardiani della rivoluzione” i Pasdaran, che nel frattempo spadroneggiavano in Iran con la loro follia integralista.

 

Dopo il rientro da quella parte del mondo, subito di nuovo in azione prima in Eritrea, con la missione di pace dell’ONU dopo il conflitto tra Etiopia/Eritrea. In precedenza, ero stato in Albania con la missione “Arcobaleno”. In Bosnia/Erzegovina dove dopo gli accordi di Dayton (1996) con un team internazionale cercammo di far ripartire le strutture ospedaliere distrutte dalla guerra civile. La Bosnia è stata un’esperienza scioccante perché non era una guerra combattuta da eserciti, ma una carneficina assurda di civili che avevano l’unica colpa di appartenere a religioni diverse, un odio senza fine.

Qual è stata l’esperienza che più è rimasta nella tua memoria?

 

Nassiryia, Iraq. Certamente fu questa l’esperienza più drammatica. Quel 12 novembre del 2003 nell’ambito della International Security Allied Forces (missione ISAF) eravamo in servizio nell’ospedale da campo come ufficiale medico del Corpo militare della Croce Rossa.

 

L’ospedale era in tenda, solo le sale operatorie e terapia intensiva erano allocate in una parte “fissa” (containers). Alle 10 del mattino sentimmo un’esplosione fortissima, ma tutti pensammo che si trattasse di qualche carica fatta brillare come misura di sicurezza (distruzione di oggetti esplosivi improvvisati). In realtà ricevemmo per telefono la notizia dell’attentato alla vicina sede dei Carabinieri (Animal House). Cosa fosse accaduto lo realizzammo in un attimo perché l’ospedale venne presto preso d’assalto con l’arrivo di oltre 50 feriti.

 

L’attentato causò 19 morti di cui 17 militari e due civili. Ho ancora davanti agli occhi le immagini dei feriti, scene allucinanti di sangue da tutte le parti e la paura costante di nuovi ulteriori micidiali attentati. Salvammo diverse vite assieme ad altri cinque colleghi della Sanità Militare (distaccati da Ospedale militare Celio di Roma). Lavorammo ore e ore tra triage pazienti, interventi in sala operatoria, stabilizzazione in terapia intensiva.

 

Solo 24 ore dopo crollammo sopraffatti da angoscia e stanchezza. Un’esperienza terribile che resterà per sempre nei miei occhi. Mi conforta, tuttavia la certezza che i sopravvissuti ricevettero le medesime cure che avrebbero avuto in Patria. Forse per questo continuo a dedicare energie all’insegnamento, a passare a colleghi più giovani un po’ di esperienza, promuovendo l’insegnamento della anestesia e (rianimazione) in contesti difficili e risorse limitate.

Hai scelto una vita impegnativa, sempre all’estremo, ti sei mai pentito?

 

Assolutamente no. Anzi, mi reputo fortunato, ho vissuto la vita che volevo. Un prezzo lo si mette in conto, ho sacrificato le mie radici, mio malgrado. Tuttavia nulla rimpiango in termini di carriera professionale.

 

Appartengo a questa terra, a questa cultura profonda di solidarietà che sembra sparire, ma poi riaffiora come un fiume carsico. Questa è la terra di Montecassino e di S.Benedetto, ovvero di colui che abbandonò tutto per donarsi completamente agli altri. 

 

                                                                                                                               Davide Della Rosa

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Commenti: 9
  • #1

    Ahah (martedì, 04 ottobre 2016 11:23)

    Io mi inchino di fronte a questo uomo.
    Sapere che la nostra terra concede i natali ad eroi come Bruno Turchetta mi fa dimenticare quanto di male accade ogni giorno.
    Consegnare la propria vita ai bisognosi!
    Questa è una notizia che colma il vuoto lasciato da una precedente...

    SEI SEMPLICEMENTE UN GRANDE.
    Noi siamo niente rispetto a Te.

  • #2

    qwerty (martedì, 04 ottobre 2016 11:54)

    cosa dire?
    onore a quest'uomo!!!!!
    meritevole della piu alta onorificenza mondiale.

  • #3

    ^^ (martedì, 04 ottobre 2016 12:03)

    questo articolo dovrebbe far riflettere tanti suoi " colleghi" che per il dio denaro
    venderebbero l'anima al diavolo .....

  • #4

    Ahah (martedì, 04 ottobre 2016 13:10)

    Bravo messaggio #3.

    Per alcuni è difficile anche definirli suoi colleghi.

  • #5

    un lettore (martedì, 04 ottobre 2016 16:39)

    E' difficile trovare le parole per tutto quello che hai fatto, Da buon Ciociaro come lei che lo hai dimostrato devo dirti GRAZIE per quello che hai fatto. non L'Italia ma il mondo intero ha bisogno di te'.

  • #6

    Dall'estero (martedì, 04 ottobre 2016 23:55)

    Gran personaggio, onore coraggio e altruismo
    Bravissimo, ce ne vorrebbero di più come lui

  • #7

    Tancredi Gaetano (mercoledì, 05 ottobre 2016 18:34)

    Orgoglioso di essere stato tuo amico.

  • #8

    PAESANO (giovedì, 06 ottobre 2016 15:02)

    Caro BRUNO non trovo parole per lodare/encomiare ciò che fai, dico solo GRAZIEEE.
    A tutti i lettori dico, per "provocazione", ma perchè Bruno invece di andare in quei paesi del terzo mondo non viene qui a Frosinone? qui il livello sanitario mica si discosta molto da quei paesi.

  • #9

    BhBh (giovedì, 06 ottobre 2016 16:52)

    La fuga dei cervelli...

    Qui restano solo i poveretti.