Corruzione. Agente in Manette

Che al carcere di Frosinone qualcosa non funzionasse lo avevamo scritto. Ora però è l’operazione dei carabinieri a mettere in luce una miriade di illeciti che si sono consumati all’interno della struttura. 13 provvedimenti presi dal giudice per un agente della penitenziaria e per numerosi detenuti e parenti di questi ultimi.

 

 

L’agente è N. R. 47enne originario di Piglio, Assistente Capo della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di Frosinone. L’uomo è attualmente agli arresti domiciliari. Tra i detenuti c’è L. G. albanese cl. 82 (già detenuto per droga, rapina e sfruttamento della prostituzione);  S. D. M. rumeno cl. 91 (già detenuto per reati di droga); C.D. napoletano cl. 91 (già detenuto per droga e rapina); A. A. albanese cl. 80 (già detenuto per droga);

 

Ci sono poi i parenti. C.M. cagliaritana cl. 76; C.E. originaria di Cardito (NA) cl. 72; M.E. originario di Cardito (NA) cl. 77; A.P., originario di Sabaudia (LT) cl. 65; A.P. originaria di Latina cl. 79; R. P., originaria di Sabaudia (LT) cl. 72. Gli stessi sono ritenuti responsabili di concorso in corruzione di pubblico ufficiale ed il L. G. anche di sfruttamento della prostituzione.

 

Le indagini aprtono nel luglio 2016 a seguito del ritrovamento, da parte di personale della Polizia Penitenziaria, di alcuni telefoni cellulari all’interno di celle della locale Casa Circondariale. Come ci sono arirvati? la domnanda che si sono posti i carabineiri ha avuto una risposta: una reiterata attività di corruzione da parte di quattro detenuti del Carcere di Frosinone nei confronti di un assistente capo della Polizia Penitenziaria. Questi si occupava non solo di intordurre apparati telefonici ma, in una circostanza, anche sostanza stupefacente.

 

I detenuti quindi sapevano di potersi dotare di un telefono cellulare corrispondendo alla guardia carceraria una somma che variava dai 150 ai 500 euro. Tale denaro ovviamente veniva fatto recapitare al destinatario attraverso la mediazione di congiunti dei detenuti che venivano istruiti in tal senso o attraverso i previsti colloqui o raggiunti direttamente al telefono attraverso l’utilizzo di apparecchi già presenti ed in uso all’interno del carcere che venivano generosamente messi a loro disposizione da uno dei quattro detenuti che ne aveva già il possesso.

 

Nel corso delle indagini sono state accertate tre cessioni di telefonini, di ultima generazione, muniti di sim card e caricabatteria, l’introduzione di 50 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish e la corresponsione complessivamente di circa 2000 euro che era stata fatta recapitare all’assistente della polizia penitenziaria in parte attraverso dazione diretta per il tramite di familiari ed una parte attraverso l’accreditamento su una Postepay intestata alla stessa guardia.

 

A Cosa servivano i telefoni? Dalla necessità affettiva di mantenersi in contatto con fidanzate, genitori e congiunti in genere alla gestione di altre illecite attività, come nel caso di  L. G., originario dell’Albania, cl. 82 (attualmente detenuto presso Casa Circondariale di Spoleto) che curava, in ogni fase, la prostituzione della propria sorella e compagna attraverso l’inserzione in specifici siti di annunci e foto, l’indicazione alle donne di un vero e proprio codice comportamentale da tenere con i clienti in ordine a tempi e modalità dei rapporti, rimanendo talvolta in linea sia nella fase di “contrattazione” che di consumazione della prestazione sessuale. Ovviamente gli introiti, al netto delle spese di gestione, venivano dalle donne versate su una postepay che il detenuto gestiva direttamente dal suo efficiente smartphone comodamente dalla sua cella.

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