Gloria. Carabinieri Sulle Tracce dell'Assassino

Gloria, la giovane massacrata di botte e lasciata sul ciglio della strada Monti Lepini a Prossedi. 

 

Le indagini sono ad una svolta.

 

Gli investigatori stanno battendo la pista familiare, la ragazza, a detta degli inquirenti, conosceva il suo aguzzino.

 

Ma non solo,

si sarebbe difesa fino allo stremo dai quei colpi che avevano martirizzato il suo corpo. Al momento si è in attesa dei risultati degli esami effettuati dal materiale biologico trovato sotto alle unghie della ventitrenne.

 

Intanto i carabinieri hanno sequestrato gli indumenti indossati da Gloria il giorno della sua morte proprio per cercare di trovare qualche indizio che sia riconducibile all'identificazione dell'assassino.

 

Da alcune indiscrezioni trapelate sembra che sia stato ascoltato anche il bambino più grande della vittima il quale avrebbe riferito di aver visto chi picchiava la madre. Un'affermazione però che detta da un bambino di cinque anni risulterebbe poco attendibile. Le indagini proseguono a ritmo serrato.

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Commenti: 5
  • #1

    UK (martedì, 29 agosto 2017 12:21)

    Scusate ma la famiglia di questa povera donna perché non la aiutata nel momento del bisogno?

  • #2

    e le famiglie (martedì, 29 agosto 2017 13:17)

    delle altre povere disgraziate che svolgono la stessa "professione"?

  • #3

    Rsu (mercoledì, 30 agosto 2017 00:25)

    Già ele altre

  • #4

    Ahah (mercoledì, 30 agosto 2017 10:07)

    Ragazzi volevo dire per chi ancora non ne è a conoscenza che c'è una lettera toccante scritta da un'insegnate di Vicenza, Claudia Pepe, che, avendo seguito a fondo il caso di Gloria Pompili, la 23enne di Frosinone massacrata e uccisa di botte in una maledetta notte di fine agosto, è rimasta talmente scossa dall'accaduto che ha sentito la necessità di scrivere qualcosa sull'episodio. La lettera l'ha scritta impersonandosi in Gloria.
    La lettera sta facendo il giro d'Italia. Facciamo copia ed incolla, facciamola girare.
    Questo omicidio non può passare così come un normale fatto di cronaca, esattamente come quello di Emanuele. Facciamo in modo che il ricordo resti, per NON DIMENTICARE!
    La lettera è la seguente:

    LA LETTERA DI GLORIA

    Pochi giornali hanno parlato della mia morte. E allora lo faccio io perché la mia morte non deve essere dimenticata. Sono nata a Frosinone 23 anni fa e i miei genitori mi hanno chiamato Gloria. Ma nella mia vita la gloria non è arrivata neppure quando mi hanno ammazzato a calci e pugni. La mia vita dal primo momento che ho potuto sfiorarla, mi ha fatto capire che per me non ci sarebbero stati sconti, non ci sarebbero stati sogni o desideri da accarezzare. Dopo 7 anni i miei genitori, mi hanno affidato a una casa-famiglia, e poi per sfuggire alla mia solitudine, ho creduto di essere amata. ù

    Lo speravo tanto, quando insieme a quel ragazzo che mi sorrideva e veniva dalla Romania, ho fatto le due cose più belle della mia vita. Due figli meravigliosi di 3 e 5 anni. Adesso che sono morta, non mi perdonerò mai che i miei due amati figli mi abbiano vista morire adagiata sulle loro braccia, e non mi perdonerò mai di non aver avuto il tempo di dir loro il bene sconfinato che gli ho voluto. Piango pensando che hanno perso l'unica persona a cui potevano appoggiarsi anche se le mie spalle erano fragili, l'unica persona che poteva accarezzarli anche se le mie mani tremavano. Ora loro saranno affidati a qualche famiglia come la loro mamma. Ma una cosa non voglio: che si ricordino di me con le parole che hanno accompagnato la mia vita. "È morta una puttana, è morta una zoccola, è morta perché se l'è cercata".

    Vivevo in un appartamento al terzo piano di una palazzina di Corso Lazio, con una mia parente di origine rom e un uomo di nazionalità egiziana. Loro gestiscono una rivendita di frutta e verdura sul litorale di Anzio. Qualche volta ho avuto dei litigi con loro, un ceffone, dei lividi, ma io dovevo ringraziarli. Mi ospitavano insieme alle mie gioie, e qualche volta dovevo chinare la testa perché puttana se lo merita. La mattina partivamo da Frosinone, a bordo della loro Bmw, e arrivavamo ad Anzio. Poi mi accompagnavano sulla Nettunense, dove vendevo un corpo che in quei momenti non era mio. Era di una ragazza morta ancor prima di sorridere per la prima volta. Mi hanno ucciso tante volte ma questa volta mi hanno squarciato il corpo. Come dice Sergio Spera uno dei pochi che ha parlato della mia morte, io avevo una colpa gravissima. Facevo la puttana per vivere, e sono morta per femminicidio.

    Sono un'altra delle 700 e più donne uccise negli ultimi anni dalla violenza dei maschi. Ma non è la prima volta che muoio. Sapete quante volta sono stata uccisa? Una per ogni volta che per strada mi guardavano con disprezzo pensando: "Che schifo"; Una per ogni volta che mi guardavano quando ero vestita per andare a vendere la mia anima e dicevano: "Che prostituta"; Una per ogni volta che quelle persone non vedevano le mie lacrime ma chiudevano la patta dei pantaloni e aprivano il portafogli; Una per ogni volta che nessuno vedeva oltre le mie cosce e i tacchi; Una per ogni volta che sentivo i giudizi, le sentenze su di me. E loro non lo sapevano, ma io cercavo di cantare. Cantavo la mia canzone preferita per sentire più forte la mia voce.
    Ma voglio che sappiate, e lo urlo ora che sono morta, che io sono stata una donna come le altre, anche se tante signore non hanno vissuto il mio inferno proprio in questo mondo. Anche io sognavo, anche io volevo un futuro diverso per me e i miei figli, volevo una casa mia, un lavoro che non mi facesse rimpiangere tutte le bugie che ho detto ai miei figli. Io non sono stata una donna di serie A, ma una donna che non ha conosciuto l'alfabeto della società. Perché sono stata una puttana uccisa da un uomo che mi ha fracassato costole, fegato e milza. Forse non sono stata abbastanza brava, forse era troppo quello che chiedevo, forse dovevo essere più puttana. Sono morta sulla strada dei Monti Lepini, all'altezza di Prossedi, mentre mangiavo il mio dolore e tenevo per mano i miei figli. Volevo tornare a casa, ma i miei occhi questa volta si sono chiusi per sempre. E non solo per chi mi ha ucciso a calci e pugni, ma per tutte le volte che il coltello si è affondato in me".

    Claudia Pepe

  • #5

    cinico (mercoledì, 30 agosto 2017 10:46)

    Pare che il carnefice abbia le ore contate ormai.
    Ho solo un desiderio. Conoscere presto il nome dello studio legale che difenderà la bestia assassina. Così, tanto per cambiare strada quando incontrerò una loro impiegata a fare spesa. E pensare: "vade retro satana!"