Via Bellini. Stroncata la Piazza di Spaccio

Nove persone in carcere, una ai domiciliari. Altri sei indagati.

 

Circa due chilogrammi di cocaina sequestrata.

 

Sono i numeri dell’operazione messa a segno dalla polizia di stato questa mattina. 

Obiettivo: la piazza dello spaccio di via Bellini a Frosinone. Una piazza più volte “visitata” dalla polizia ma ogni volta l’associazione criminale è riuscita a riorganizzarsi nel giro di pochissimo tempo.

 

Un sistema che poteva contare anche sull’apporto di un agente della polizia penitenziaria che riforniva di droga e telefoni cellulari i detenuti. Proprio da lui è partita l’indagine.

 

Seguendo i contatti dell’uomo arrestato nel 2018 e con l’ausilio di una videocamera gli investigatori hanno ricostruito tutte le trame di quella che era una vera e propria associazione a delinquere finalizzata allo spaccio della droga.

Il Questore di Frosinone durante la conferenza stampa insieme al capo della Squadra Mobile
Il Questore di Frosinone durante la conferenza stampa insieme al capo della Squadra Mobile

Non solo su Frosinone e paesi limitrofi ma anche sul litorale laziale ad Ardea e ad Anzio. 150/160 dosi al giorno per un guadagno che andava dalle 4 alle 6 mila euro al dì.

 

Una grande quantità di stupefacente.

 

Una distribuzione continua che permetteva di vendere dosi a bassissimo prezzo (20 euro). Il prezzo era addirittura scritto sulle pareti del palazzo di Via Bellini dove si operava lo spaccio. Ma vi era anche il palazzo di fronte che fungeva da magazzino così se la polizia sequestrava la droga in uno stabile questo subito veniva rifornito dall’altro di fronte.

 

La droga era nascosta all’interno dei battiscopa mobili. Gli spacciatori erano tutti italiani anche se il capo è di origini albanesi. A gestire tutto, il factotum era invece una donna, anch’essa arrestata. Era lei che si occupava di organizzare i turni degli spacciatori e delle vedette.

 

Questi venivano pagati quotidianamente dalle 50 alle 100 euro al giorno. avevano anche una social card che utilizzavano per ordinare a domicilio pranzi e cene quando erano al lavoro e non potevano spostarsi.

 

Gli acquirenti (di tutti i ceti sociali) sapevano che quando il portone era aperto si poteva entrare ad acquistare droga. Nel caso fosse chiuso vi era già un altro acquirente e si doveva aspettare che uscisse. 

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