Omicidio Mollicone. Le Dichiarazioni del Maresciallo Mottola

“Serena non è mai entrata in caserma”.

 

Così il maresciallo Mottola che ha rilasciato in aula spontanee dichiarazioni.

 

Secondo quanto affermato dall’ex comandante della caserma carabinieri di Arce, quello che ha detto il

False le Dichiarazione di Tuzi.

brigadiere Tuzi non risponde a Verità. “Tuzi purtroppo ha fatto moltissima confusione e dopo sette anni, improvvisamente, dopo pressioni, battute e minacce che sono agli atti o per il solo timore di essere incriminato per l’omicidio riferisce vagamente di una ragazza entrata presso lo stabile della Caserma senza però mai dire che ciò fosse accaduto il primo giugno e che ella fosse Serena Mollicone: le registrazioni delle sue sommarie informazioni, che sono incontrovertibili, lo dimostrano senza alcuna ombra di dubbio. D’altronde, se ciò fosse stato vero, lo avrebbe detto sin dalla sera quando vennero i familiari di Serena a denunciarne la scomparsa sin dalla mattina e ne avrebbe parlato in famiglia, circostanza smentita dalla stessa Maria Tuzi".

 

False anche le minacce a Tuzi come ipotizza l’accusa. Mottola le definisce “ipotesi tutte campate in aria, smentite dall’istruttoria dibattimentale e senza alcuna prova”.

 

Nessun ordine di servizio falso è stato poi redatto: “in realtà chi mise gli orari fu proprio Tuzi e fu molto impreciso. Ma vi pare che se avessimo dovuto darci un falso alibi non lo avremmo organizzato in maniera minuziosa e senza imprecisioni, così da fornire una versione unica e convincente?”

 

Morte Tuzi e Serena. Franco Mottola nega ogni responsabilità anche della morte di Tuzi e soprattutto per la morte di Serena scagiona anche i suoi familiari: “Io, mia moglie, mio figlio e la mia famiglia non sappiamo nulla della morte di Serena. Nessuno di noi ha partecipato al confezionamento, all'imbavagliamento, al legamento, al trasporto del corpo di Serena a Fontecupa, e nessuno di noi ha partecipato all'occultamento del suo corpo”.

 

I depistaggi. Stessa posizione sui famosi depistaggi: “Io non ho depistato nulla, e non avrei potuto farlo, ho fatto il mio dovere, agendo su delega del Capitano Trombetti e dei PM”.

 

“Non ho fatto sparire nessun documento dalla casa di Guglielmo Mollicone”.

 

Il verbale del carrozziere Carmine Belli. “Non è vero che sabato pomeriggio 2 giugno Carmine Belli venne in Caserma e che io non verbalizzai le sue dichiarazioni poiché quel pomeriggio ero in elicottero con il Capitano Trombetti per ispezionare dall'alto la zona da Arce a Sora”.

 

Indagini. “Non ho esperito alcun tentativo di fare escludere dalla lista dei sospetti mio figlio Marco e la sua vettura Y10 poiché la sua macchina era parcheggiata nel piazzale della Caserma e ben visibile agli occhi di tutti, anche degli inquirenti che la frequentavano in quei giorni”.

 

Il telefonino di Serena. “Io il telefonino di Serena non l'ho mai visto sino a che non mi è stato portato in Caserma da Dell'Oro Mario, cognato di Gugliemo Mollicone. Io non ho cancellato le impronte dal telefonino come sostiene la Procura, tanto che sullo stesso sono state trovate proprio le impronte di Guglielmo. Certamente non abbiamo inserito nell'agenda del telefonino di Serena il nr 666 accanto alla dicitura "diavolo": è un'illazione accusatoria senza testa e né coda, frutto dell'innamoramento del sospetto”.

 

La droga. “Non è vero che io abbia inserito o fatto inserire nel cassetto di Serena hashish, è un tentativo da parte di chi mi accusa di fare quadrare il cerchio”.

 

I sospetti su Guglielmo Mollicone. “È falso che io abbia tentato di fare cadere i sospetti su Gugliemo Mollicone… il clamoroso prelevamento durante il funerale: mi fu ordinato dal Capitano Trombetti su ordine di uno dei tre Magistrati inquirenti”.

 

I Vetrini di Serena. “Hanno, inoltre, insinuato falsamente che io abbia fatto sparire dall'obitorio di Roma i reperti e i vetrini di Serena ma la circostanza non corrisponde al vero in quanto, come abbiamo visto e sentito in dibattimento, la responsabilità di tali smarrimenti se l'è assunta il prof. Ernesto D'Aloja.

 

Le foto pedopornografiche. “La questione delle foto pedopornografiche rinvenute sul telefonino, 8 foto su 29.914, è una bolla di sapone. I miei consulenti hanno infatti prodotto una relazione attraverso la quale confermano che sono quelle fotografie costituite dai cosiddetti “file temporanei” che non ho scaricato intenzionalmente”.

 

La porta, arma del delitto: “Se la porta fosse l'arma del delitto, vi pare che dal 2001 al 2002 non avremmo potuto aggiustarla oppure coprire il danneggiamento? CHE NON AVREMMO CONCORDATO UNA VERSIONE COMUNE DA IMPARARE A MEMORIA? La nostra ingenuità prova la nostra assoluta innocenza”.

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